Tra 2-3 e l’1-1, prima con la Fiorentina e poi con la Roma, è racchiusa la debacle azzurra all’intramontabile sogno allo Scudetto. Un titolo rincorso da anni, precisamente dal ’90, al quale i tifosi del Napoli sembrano quasi persino arrendersi, ai piedi della sua prestigiosità.
È quell’unico punto racimolato in ben due giornate che segna il destino azzurro, giudicandolo insufficiente per la corsa al titolo. Cede nelle mani delle due milanesi la sua ipotesi e conclude la sua favola col pareggio al Maradona, proprio dove in precedenza aveva sofferto la tristezza dei suoi tifosi all’amaro trionfo viola. Com’è amaro ancora una volta dover abbandonare le speranze, e questo lo sa bene Lorenzo Insigne.
Il Napoli puntualmente si infiltra in quella corsa rinomata, come un fantasma che ha come unico obiettivo la Champions League ma che finisce sempre per ampliare i suoi orizzonti. È un po’ come un bambino davanti a un negozio di giocattoli, il quale rimane incantato dalla vistosità della sua vetrina, dietro la quale si dispone sempre un retroscena funesto.
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Corsa all’ultimo fiato, ma la debacle azzurra arriva in due giornate
È una lotta senza pregiudizi, una corsa indovina pronta a scommettere sul suo futuro e che quasi elimina una delle sue candidate. Ancora non è detta l’ultima, ma il suo destino sembra quasi defilato. Il Sud lascia ancora una volta tutto nelle mani del Nord, ma questa volta non riguarda la città torinese. Ebbene sì, elegge alla vittoria la città di Milano lasciando un’incognita sul colore della maglia: rossonera o neroazzurra?
Mentre le due scalpitano per eleggersi, la dinastia borbonica nel suo golfo soleggiato si pone un esame di consapevolezza nell’arena di Fuorigrotta. L’ordine del giorno vede il pari con la Roma e analizza l’aspetto tattico-psichico, senza tralasciare i rimpianti travolgenti. Non è la prima volta che il Napoli si ritrova a mollare la presa nel finale di stagione, proprio come accadde nell’annata 2017/18 con in sottofondo ancora la gara con la Fiorentina del 3-0 con l’espulsione costata cara di Kalidou Koulibaly.
Stavolta, il declino arriva alla 33° giornata dopo una sconfitta che sperava di aver lasciato frutti più che positivi che negativi. La vittoria con l’Atalanta del tre aprile aveva dato segnali del tutto positivi, lasciando speranze anche a coloro che non volevano credere allo Scudetto solo per evitare di rifarsi male. Ma il sangue azzurro chiama e riaccende una città, che si arrende di nuovo solo alla giornata successiva. Un Napoli elegante ma sopperito dall’importanza dei suoi appuntamenti e non per l’avversario, ma solo perché decisivi. Indipendentemente dai suoi uomini, gli azzurri fanno i conti con il loro fantasma che spazza via la famosa ‘cazzimma’ negli appuntamenti più importanti.
Il Napoli in molte occasioni ha dimostrato di essere all’altezza battendo le più grandi ma anche mettendo in pratica una sfarzosa prestazione, cadendo talvolta nei match di prestigio e determinanti in classifica. Cambiano gli uomini, cambiano gli allenatori ma il problema della corte partenopea resta sempre lo stesso. Si racchiude in un’incognita la cui unica spiegazione resta la mancanza di carattere.
Un’incognita perenne che non pone spiegazioni
Se cambiano i calciatori e cambiano gli allenatori, l’unica ipotetica motivazione rimane la mancata esperienza. Quegli undici calciatori portano il Napoli a poter sperare ancora in un importante finale, ma sono gli stessi che assieme all’allenatore eliminano anche le speranze. Evidentemente c’è un’inefficace esperienza che non riesce a calibrare il momento.
Il Napoli inizia le sue stagioni con obiettivi importanti ma non pretendenti al titolo, ma puntualmente si ritrova in un’ambita corsa. Però nel momento in cui non bisogna arrendersi, la tensione sale e il cammino finisce. Manca il carattere e la sfrontatezza che serve nel finale e che punzecchia l’avversario per escluderlo dal podio. In determinati appuntamenti serve la caparbietà di porre la voglia di vincere al di sopra di qualsiasi ostacolo, cosa che non avviene nel Napoli. Proprio come è successo con la Roma dove, dopo il vantaggio all’undicesimo su rigore, invece di consolidare il vantaggio, i partenopei sembrano quasi voler abbassare il baricentro e per tener d’occhio quel contropiede che diventa l’unico artefice dell’addio al suo sogno.
Un sogno che però non vuole abbandonare Spalletti, che in conferenza dichiara: “Fino a quando non c’è la matematica, giochiamo per vincerle tutte”. Un cammino importante che non può chiudersi in un Maradona disperato con le lacrime di un partente Insigne. Mente c’è chi soffre, c’è chi lancia le colpe e punta il dito sui cambi ma c’è anche chi crede in un sorpasso e lascia tutto nelle mani di un destino che ancora non vuole essere deciso.
Sara Madonna
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