“La geometria non è un reato”, cantava uno degli artisti più eclettici della musica italiana. Concetto opinabile se lo presenti ad un ragazzo di seconda media. Lui sicuramente saprà trovare qualche capo di imputazione per questa inquietante materia. Per tutti gli acerrimi nemici di seno e coseno, l’appuntamento è per domenica sera alle 21 allo stadio Olimpico di Roma. In quell’occasione due geni del goniometro, Andrea Pirlo e Gokhan Inler, illustreranno le misure di un campo di calcio sconosciute dai manuali. Parabole disegnate come fossero arcobaleni. Far volteggiare la squadra in blocco a mo’ di ventaglio, con l’armonia di una figura solida su di un piano. La finale di Coppa Italia sarà anche questo. Anzi, a dire il vero, sarà proprio il centrocampo la chiave di volta, com’è già avvenuto nelle gare di campionato tra Napoli e Juventus quest’anno. Protezione fotovoltaica della difesa, occhio ai movimenti sulle fasce, verticalizzazioni per innescare la fame da gol dei cannonieri. Le speranze delle due contendenti di aggiudicarsi il titolo viaggiano in prima classe tra i piedi e la testa dei due metodisti.
PRIMAVERA BIANCONERA. Andrea Pirlo, classe 1979, è stato a lungo la bandiera del Milan. L’estate scorsa è stato scaricato, scatenando la sua reazione (soprattutto contro Allegri) dalle pagine di vari giornali. L’avventura alla corte di Agnelli ha rappresentato un “new deal” per lui, un occasione di riscatto nei confronti di chi lo definiva un calciatore finito. Le intenzioni della vigilia hanno avuto riscontro immediato nelle prestazioni, andando anche al di là delle aspettative. Ha caricato la Juventus sulle spalle fin dalla prima giornata, trascinandola nella fase altalenante dell’anno e conducendola fino al tricolore. La sua intelligenza tattica non è certo una riscoperta, l’imprevedibilità dei suoi assist senza specchietto retrovisore sono delizie gustate più volte. In fondo molti addetti ai lavori gli conferiscono la palma del miglior interprete al mondo di quel ruolo. La sorpresa deriva da una verve ritrovata, una condizione fisica da tempo smarrita in quel di Milano, la sagacia di un 33enne investita dalla voglia di un ragazzino. In questo hanno contato molto le doti di motivatore di mister Conte, il quale gli ha restituito fiducia e lasciato carta bianca dove riscrivere i suoi stimoli. Bastava poco, un campione sa come ricompensarti.
RITARDO…POCO SVIZZERO. Gokhan Inler, il suo dirimpettaio azzurro, ha vissuto emozioni simili, anche se tutte all’interno della stessa stagione e, purtroppo, senza happy end. Prima di approdare a Napoli un tira e molla snervante, con l’implicito assenso dopo quel gol al San Paolo con la maglia dell’Udinese seguito da una mesta esultanza. Addirittura nel prologo dell’ultimo mercato estivo il nazionale svizzero era stato prepotentemente accostato alla Juventus e immaginare un asse centrale con Pirlo era da acquolina in bocca per i sostenitori torinesi. Gokhan da galantuomo bacia la mano della Signora. Il bacio di Giuda, però. Sedotta e abbandonata per approdare a Napoli, con tanto di presentazione in pompa magna. C’era grande attesa su di lui, la qualità innestata in un centrocampo azzurro troppo fisico. Invece il suo approccio è stato avvilente, il Leone del giorno della presentazione aveva subito un’involuzione transgender e si credevano sprecati i 16 mln spesi per l’acquisto. Sobbarcarsi le contraddizioni della piazza di Napoli è un macigno, soprattutto se provieni da una ridente provinciale. Il popolo partenopeo non sa aspettare, è stato in sala d’attesa troppo a lungo. Il tempo incalza, il rendimento balbetta, ogni giorno che passa presenta il conto e le responsabilità si triplicano. Il 3-5-2 mazzarriano gli crea disagio, lo espone a figuracce in fase di copertura, non è abituato a rincorrere gli avversari a tutto campo. E’ spaesato, incredulo, la chiave di volta della sua carriera sembra aver cambiato serratura. Il dispendio di energie pregiudica anche l’impostazione del gioco. Errori mai commessi, mai un tiro verso la porta degno del passato friulano. I tifosi fischiano, Mazzarri e la società lo proteggono. Lui non abbassa la guardia, continua a lavorare, con serietà e tenacia. L’8 dicembre il primo squillo di tromba, la fantastica rete a Villareal che spalancò al Napoli le porte degli ottavi di Champions. Lento e progressivo ambientamento, suggellato da un’altra splendida ancorchè illusoria segnatura nella notte di Londra contro il Chelsea. Qualcosa stava cambiando. Il finale di stagione è una nona di Beethoven. Lievita costantemente, supportato da qualche accorgimento tattico. Con due cani rognosi come Gargano e Dzemaili alle sue dipendenze mostra minori sofferenze e fa valere il suo tasso tecnico e la sua visione di gioco. Si erge tra i protagonisti dell’affannosa rincorsa partenopea al terzo posto, con l’epilogo che però tutti conosciamo. Insomma un calciatore rinato e su cui è d’obbligo fare affidamento. La puntualità napoletana più che svizzera, l’importante è arrivare in tempo utile per acciuffare un traguardo.
COME DISINNESCARLI. Bacchettare i due direttori d’orchestra. Questo l’obiettivo di Conte e Mazzarri per la gara di Roma. Le loro compagini, al massimo delle potenzialità, possono avere l’aggressività di una mandria di tori in un’arena addobbata di rosso. Pirlo, proprio contro gli azzurri, ha incontrato le maggiori difficoltà. Nella partita del San Paolo è stato letteralmente in balia di Gargano e Dzemaili che mordevano le sue caviglie senza dargli respiro. Stranamente, braccando la mente, il resto della Juve avanzava a tentoni, salvando capre e buoi solo con una prova di carattere. A Torino, almeno nei primi sessanta minuti e certamente con minore intensità, il fuoriclasse bresciano ha faticato a trovare il bandolo della matassa, costretto dal Mota ad agire solo per vie orizzontali, accorciando ogni qualvolta entrava in possesso di palla. Un compito da far cascare la lingua, lasciargli un metro in più e l’Andrea nazionale sarebbe stato devastante. Solo i sette polmoni di Gargano potevano reggere l’ardua impresa. E proprio l’uruguaiano sarà l’assenza scottante nelle file del Napoli. Dzemaili, con le dovute proporzioni, proverà a non farlo rimpiangere e ad intimorire Pirlo con la sua maggiore propensione ad offendere. Dall’altra parte, Napoleone Inler è in pratica al suo debutto in maglia azzurra dal primo minuto contro la Vecchia Signora. Nei match giocati quest’anno non è partito dal primo minuto. Queste sono le sue partite, quelle in cui ama dimostrare il suo valore. Gli ultimi 90’ all’Olimpico li ha giocati contro la Roma ed è stato sontuoso. Proverà ad assecondare il vento in poppa del suo finale in crescendo. Anche lui patirà l’assenza del Mota, in particolar modo quando la squadra bianconera alzerà i ritmi e proverà a schiacciare gli azzurri con una manovra tambureggiante. Il gioco ad ampio respiro potrebbe mandarlo in tilt, raddoppiare continuamene sui due esterni sarebbe sfiancante. Va meglio come argine nelle penetrazioni centrali, in cui è più bravo a leggere le iniziative avversarie. Attenzione a non sfilacciare i reparti e creare voragini favorendo gli incursori juventini. Quando avrà libertà di movimento dovrà dettare legge con fermezza e guidare le ripartenze azzurre, ha in tasca le munizioni di un’arma letale e vanno centellinate. Re di Coppa finora, cova il desiderio di un sigillo in finale. Il concerto è alle porte, i tenori fanno l’inchino: e allora musica, maestro!