Negli ultimi anni il Napoli, agli occhi dei propri tifosi e non solo, è stato considerato reo di non avere personalità. Problema che emergeva soprattutto nel momento decisivo della stagione, quando c’era bisogno del famoso “step in più” per raggiungere traguardi importanti, come uno scudetto.
Alla luce di quanto accaduto ieri, dove il Napoli ha letteralmente gettato all’aria 2 punti, si è iniziato subito a disquisire sulle cause di ciò. Per alcuni è la mancanza della solita personalità, per altri, gli stessi giocatori esaltati appena una settimana fa, oggi non sono più validi. Qualcuno, invece, pensa anche che la colpa sia da attribuire alle scelte di Spalletti.
Insomma nel calderone delle polemiche c’è un po’ tutto. Forse però la partita di ieri, con un Lecce tutt’altro che arrembante, ha fatto emergere un grosso limite: mancanza di lucidità.
Perché è difficile, quasi fantascientifico, poter pensare che i giocatori azzurri scesi in campo ieri, abbiano avuto “timore” di giocare nel proprio stadio. Oltretutto con il caloroso tifo dei napoletani. Anche perché tra i partenopei, nonostante un età media “bassa”, figurano tutti giocatori abituati a certe atmosfere. Allo stesso modo viene arduo immaginare che quanto fatto vedere nelle partite con il Verona e con il Monza ed a tratti anche con la Fiorentina fosse casuale.
Il vero problema quindi è proprio la lucidità. La prova inconfutabile di tale tesi, si trova nelle statistiche. Infatti se analizziamo i dati possiamo notare: 19 tiri, di cui solo 7 nello specchio, contro i 9 (4 in porta) del Lecce. La squadra di Spalletti ha quindi calciato con una precisione al tiro di appena il 37%. Quest’ultima dimostra come nel momento di calciare, venga meno quella lucidità che ti permette di impensierire il portiere.
Un altro dato che non può passare inosservato sono i cross: il Napoli su 24 cross, appena il 20% è riuscito (ovverosia arrivato ad un compagno).
Quindi cosa emerge da questi dati?
Questi ultimi manifestano una incapacità da parte dei giocatori di fare la scelta giusta, nel momento giusto. E tale situazione va peggiorando con il passare dei minuti, e si aggrava quando il risultato è in bilico o pende a favore della squadra avversaria.
Come si traduce tutto ciò? In mancanza di lucidità. Basti pensare a quante volte nella partita di ieri si è verificata questa situazione.
Alcuni esempi per fotografare quanto descritto finora: Lozano a 10 minuti dallo scadere, invece di attendere che la palla uscisse dalla linea laterale e far sì che nel frattempo i compagni salissero, ha preferito provare a stoppare una palla difficilissima. Oltretutto in una situazione di svantaggio, dato che il Lecce presentava ben 8/9 giocatori dietro la linea della palla, contro forse 3 (Lozano compreso) del Napoli. Risultato? Da una potenziale nuova azione offensiva, si è trasformato in una lenta ripresa del gioco da parte del Lecce. Si, perché Lozano non è riuscito a domare uno spiovente altissimo, regalando la rimessa e tempo prezioso ai salentini. (La palla stoppata nei pressi della linea laterale dal messicano era stata spazzata via da un difensore del Lecce. Ergo quel pallone sarebbe stato del Napoli).
Situazione analoga quando Kvaratskhelia, dopo una buona finta, con un massiccio numero di compagni in area, tra cui due ottimi colpitori di testa, quali Osmimhen e Simeone, ha preferito attendere che tornasse su di lui difensore. Difensore che poi ha chiuso bene lo spazio, e quindi facendo partire un cross sbilenco (situazione verificatasi più volte).
Terzo ed ultimo momento: il triangolo Di Lorenzo – Anguissa – Lozano. Spesso quando uno dei sopra citati calciatori azzurri si ritrova il pallone tra i piedi, sulla linea laterale, nei pressi dell’area di rigore avversaria, gli altri due senza palla compiono un movimento. Movimento atto a smarcarsi o a liberare dalla pressione il giocatore in possesso.
Prendiamo la situazione di ieri: Di Lorenzo con il pallone, Anguissa si butta nello spazio, correndo verso le linea di fondo e Lozano che taglia dentro il campo. Così facendo Di Lorenzo, privo a quel punto di marcatura, perché portata via dai movimenti dei compagni, aveva la possibilità di prepararsi per un bel cross. La sua scelta è invece stata quella di servire Anguissa in profondità, che si è ritrovato in corsa, coperto, con le spalle rivolte verso la porta, senza nessun in appoggio, a doversi inventare una giocata o a dover forzare un cross. Cross che poi è arrivato ma che ovviamente si è andato ad infrangere sul corpo del difendente. Sicuramente sarebbe stato più facile e producente se il cross a quel punto fosse partito dai piedi del capitano azzurro.
Certamente questi sono dettagli che potrebbero risultare anche superflui. Purtroppo però sono proprio questi a dover essere curati e risolti se si vuole essere competitivi. E se in certe partite, la lucidità viene meno, cosa succede quando si verificherà la stessa situazione di risultato contro un top club e in situazione di campionato più decisive o competizioni europee?
Lorenzo Golino