Sono giorni che penso, penso e ripenso. A cosa vi chiederete? A delle parole, che allora suonarono potenti, poderose, sentenziose.
Erano i primi giorni di Febbraio, proprio allora fiorivano le prime voci di un possibile addio di Lavezzi, proprio allora noi tifosi avemmo la percezione che ciò che credevamo impossibile era diventato possibile. Da allora ogni giocata dell’argentino acquisì ancora più valore, più importanza; lo ammiravamo e cercavamo di tatuarlo nella memoria, come gli antichi intellettuali costretti a imprimere nella mente quanti più esametri possibili dei costosissimi papiri a loro prestati.
Lavezzi da allora fu vissuto come una sorta di “prestito”, di peccato originale che reclamava l’espulsione dal Paradiso.
Ma la disperazione venne levigata da un Padre amorevole, un padre che giudicavamo sincero fino all’innocenza.
Non fu De Laurentiis a rispondere quasi nero alla domanda dei giornalisti che gli chiedevano di un possibile addio del Pocho? Non fu lui a dirci e farci credere che mai uno dei Tre avrebbe piantato il suo piede in un altro spazio che non fosse il S.Paolo? Reciso affermò con piglio sentenzioso e quasi furiuoso che Lui Lavezzi non l’avrebbe mai venduto, che se Lavezzi sarebbe andato via è perché nulla si può contro la volontà di un giocatore.
Ma disse anche dell’altro, ed è a quest’altro che il pensiero in questi giorni sta andando di continuo. “ Se Lavezzi vuole andare via se ne dovrà assumere la responsabilità, faccia una conferenza e spieghi ai napoletani i motivi della sua scelta”.
Mamma mia! esclamai. Il Presidente lo ha messo nel sacco, possiamo stare sicuri, la sua intenzione è averlo ancora a lungo. Questo pensai in un primissimo momento, ma poi…
Poi mi si schiarì il cervello, e in quelle parole intuii un destino segnato. C’era qualcosa che stava sorgendo, non un’alba, nè un’aurora, ma un funesto e “incomprensibile”commiato.
Le parole di De Laurentiis suonarono come un feroce epigramma di Marziale, se aveva detto ciò che aveva detto,e con quella veemenza, usando quei toni di “spalle al muro”, bhé, allora c’era da preoccuparsi.
Questo è l’antefatto, il prologo di quella che si è rivelata una non riuscita commedia e nella quale, sia Lavezzi e sia il Presidente hanno fatto una magra, ma che dico magra, magrissima figura. Altre espressioni sarebbero a ragione censurabili.
Avete voi sentito la commossa e lucida conferenza stampa di Lavezzi? Come, non avete ascoltato con che tono dimesso cercava di spiegare ciò che gli si agitave nel petto, perché aveva scelto di porre la parola fine sul suo poema napoletano? Davvero non lo avete sentito?
Allora quì c’è un errore, c’è stato un cambio di rotta. Allora lo si deve dire. Lo deve dire il Presidente. I casi sono due: o De Laurentiis ha voluto cederlo, oppure Lavezzi è voluto andare via.
Che ce lo dicano però, questo silenzio mi sa tanto di presa in giro. Dov’è il furore di Febbraio? Credo che il Presidente volesse monetizzare, ma non aveva il coraggio di “tradire” il suo popolo, e quindi, facendo leva sul desiderio di Lavezzi di avere un ingaggio migliore e nuovi stimoli, abbia scaricato tutta la colpa sul giocatore.
Ma allora la conferenza? Io intanto seduto nella sala stampa di Castelvolturno continuo ad attenderla.
Non può finire così, senza una parola, senza un’assunzione di responsabilità. Giusto cari tifosi?
Carlo Lettera
Riproduzione riservata