Al minuto 18 di Lecce-Napoli l’identikit più chiaro per comprendere di che pasta è fatto l’attuale capitano del Napoli. Mentre tutti restano increduli all’ipotesi del gol annullato, Giovanni Di Lorenzo si avvicina all’arbitro e attende che lo stesso riceva informazioni sull’accaduto via auricolare.
Intanto si avvicinano anche i calciatori del Lecce ed è lo stesso Di Lorenzo a tranquillizzarli spiegando l’accaduto e l’ipotesi di un offside sulla punizione iniziale.
Un dialogo sereno con gli avversari, rispetto a prescindere per il lavoro di Manganiello.
Un capitano così è quel che merita questo grande Napoli.
Sarebbe troppo facile soffermarsi sulle doti tecniche e sull’indispensabilità del suo minutaggio: togliete tutto a Spalletti ma non lui.
Un cinico fluidificante, uno dei migliori saltatori per le azioni da fermo, un regista aggiunto grazie alla sua capacità di accentrarsi e palleggiare. Dimenticate però queste skills e soffermatevi su quelle umane.
Giovanni ha la provincia dentro di sè, ne porta le difficoltà, la gavetta ma anche quella crosta iniziale e difficile da scalfire per chi lo conosce da poco e solo in superficie.
Di Lorenzo degno erede dei capitani del passato
Succedere a Paolo Cannavaro, Hamsik ed Insigne non era facile, una fascia pesante ed un’eredità importante, soprattutto se raccolta a luglio in una Dimaro infocata dalle tensioni e dalle cessioni che impaurivano anche i più fiduciosi.
Oggi invece a un passo dalla storia, il suo nome sta per essere scritto accanto ad altri due capitani scudettati. Un posto nel destino.
Un posto da Capitano.