Non solo calcio, riforme e politica: nell’intervista a “La Repubblica”, il presidente Aurelio De Laurentiis ha parlato anche del suo rapporto con la città di Napoli. Un odi et amo con il popolo napoletano che ha visto alti e bassi nel rapporto tra due personalità così diverse ma anche così simili.
Da quando sono nato vado a Capri. Vedevo Napoli attraverso gli occhi dei miei parenti: mio padre, mio zio, le sorelle di mio padre, tutte torresi, mio nonno, che veniva dall’Irpinia. Avevo un’immagine magica della città. Quando l’ho vissuta più da vicino, l’ho trovata estremamente diversa dai miei sogni. Ma siccome sono un sognatore, mi sono detto: Aurelio, vai per la tua strada, non ascoltare nessuno. Le difficoltà mi stimolano, mi rendono più operativo: se una cosa è facile, non c’è nemmeno gusto. Adesso ho trovato un questore straordinario, un sindaco fantastico, un prefetto formidabile: andiamo d’amore e d’accordo e filiamo dritti come un treno.
Trasferirmi a Napoli? Io sto a pieno servizio con il Napoli, a mezzo servizio con Roma e Los Angeles. Pensi che Los Angeles la sto trascurando da un anno e mezzo.
Mio zio mi ripeteva: l’America è una bellissima donna, se uno riesce a farci l’amore è ripagato, altrimenti è sconfitto. Se in America non hai successo, non puoi consolarti come invece a Napoli, quando basta aprire la finestra e guardare il golfo. Come fai a essere depresso a Napoli?
Più dato o ricevuto da Napoli? Penso di aver più ricevuto. Per me dare è normale: non chiedo mai niente in cambio. Ai miei figli ripeto: cercate di non fare mai le cose per avere altro in cambio, non vi aspettate nemmeno un grazie, siete voi che dovete ringraziare gli altri.