A volte conviene all’uomo trascendere il momento transitorio, spostarsi su un terreno diverso, in un’immagine di tempo dalle dinamiche lente ma dagli effetti più durevoli. Non bisogna che io lo ripeta ancora: il mondo, la realtà tutta, la nostra cara e “insignificante”Europa sta attraversando un principio di agonia che minaccia concretamente di far saltare in aria i dispositivi di senso che avevano informato le nostre vite. E ci troviamo inquieti, smarriti, senza più coordinate e privi di paradigmi che ci regalino una norma rasserenante.
C’è crisi, e il fantasma della povertà lambisce strisciando ogni anima onesta; oggi è arrivato a intaccare con i suoi aguzzi incisivi anche il mondo del pallone. Dico pallone e non calcio perché calcio è l’essenza pura, il dato ontologico, il referente depurato; pallone è invece l’architettura intorno, il business, la chiacchiera, le scommesse.
Il Milan non può acquistare più i gloriosi campioni, oggi Branca ha rivelato ai tifosi interisti che i prossimi saranno anni di sacrifici, che bisognerà avere pazienza, che il calcio è in crisi e i soldi sono pochi. Ma non solo in Italia. La Spagna e la Liga hanno un passivo spaventoso, la Premier non se la passa meglio. Il sistema sembra imploso, così come quello dell’economia globale. Abbiamo vissuto troppi anni al di sopra delle nostre possibilità ,fruitori di una ricchezza inesistente, compravamo e compriamo macchine e calciatori senza avere soldi, con le famose e dannate rate, con i prestiti delle banche, truffando i risparmiatori a Parma. E ci sono gli “amorali”, i nuovi rozzi arricchitisi, i Trimalchioni del nostro tempo, gli sceicchi.
Ben vengano, ben spendano, il loro fare si commenta da solo. A noi la povertà porterà nuove possibilità, ci darà nuove idee, come è sempre stato. Nella ricchezza ci si adagia e il cervello a poco a poco si spegne fino a morire. Chi deve sopravvivere inventa, riposiziona, scopre nuovi valori. E il calcio italiano si sta muovendo su questa strada con mia grande soddisfazione. Le parole di Galliani, di Branca, dello stesso De Laurentiis fanno onore al vero calcio, quello che si sogna da piccoli, quello dove il sudore scende davvero e la fatica è preghiera esaudita.
Roma antica morì della sua ricchezza e del suo lusso. Le province affamate la sfidarono con l’inventiva e nuove forme economiche. Alla fine la storia si capovolse, e i barbari affamati e magri diventarono i nuovi tedofori di una civiltà passionale e vigorosa. Applaudiamo quindi i nostri presidenti, incitiamoli a percorrere le nuove strade della sopravvivenza. Non rammarichiamoci se il tale Messi, il tale Cr7 disdegnano i nostri portafogli vuoti. Non importa, il tempo premia chi sa riconoscersi debole, premia chi sa aspettare senza clamore il nuovo trionfo.
Carlo Lettera
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