De Laurentiis e la ragione degli altri

Che scandalo! Che scalpore, che livore! Il cafone è il presidente, no, sono i giornalisti, aspetta, forse è la pubblica opinione, credo il pellegrino che trascina la sua lingua a Pompei. Ieri ascoltavo, sentivo direi, i commenti, i titoli dei giornali, le reazioni, le difese e le accuse…come ridevo, ma quanto non potete immaginarlo.

Che era successo? Il presidentissimo si era permesso di dare del cafone ai giornalisti, addirittura, o madonna, aveva minacciato di mettere le mani addosso a chi cercava di ribellarsi all’epiteto poco forbito e insopportabilmente ingiurioso. Non sto qui a spiegarvi i motivi che resero l’egregio Aurelio paonazzo, credo li conoscete come i nei sulla schiena della vostra amante. Da che parte mi situo? Certo non con i giornalisti, certo nemmeno pienamente con il presidente, forse neanche con me stesso.

Ma una cosa è certa, ho goduto quando De La ha abbandonato cortesia e modi per tornare alla vera radice dell’uomo, quella della competizione mortale, della “violenza” e dell’offesa naturale. Non se ne può più con questo perbenismo, con questa educazione di facciata che invece di renderci civili e più onesti si è risolta solo in una maschera dietro cui nascondere un volto butterato e un’anima lurida e sozza. E fioccavano prese di posizione, pretese di scuse..ma che avrà detto mai il presidente se non la sacrosanta verità? E questo sarebbe il lavoro del giornalista? Ascoltare gli spifferi e ricamarci sopra come le vecchie dalle calze rotte che filano su sperduti paesi appenninici?

Giorni e giorni di litanìe sull’aumento di ingaggio di Cavani, un Cavani ora della Juve, ora del Chelsea, addirittura dell’Inter. E sempre a parlare di soldi, di ingaggio, di procuratori. Non se ne può più, e De La è sbottato, e dico giustamente, mandando all’aria i precetti di Cambridge e di Yale insieme, ritornando alla vera vita, quella del “fatti avanti e fammi vedere”, uomo contro uomo, offesa contro offesa. Alcuni, anzi troppi giornalisti, soprattutto d’estate, girano nelle strade, nei corridoi degli alberghi, si inventano incontri, riferiscono di apparizioni…e poi riportano con titoli “bugiardi”, francamente osceni per una coscienza che vuole poi ergersi a parte offesa come ieri. Non so quanti giocatori ha comprato il Napoli in questi ultimi giorni, e chi scriveva il pezzo parlava di affare in dirittura di arrivo, di cartesiana certezza..poi si scoprono da soli questi venditori di agitazioni e fermenti. E si offendono, poverini, quando vengono chiamati cafoni. In questo mi ci ritrovo in pieno con il presidente. Il cafone fa del denaro il metro, il sarto dell’esistenza, la formula matematica esplicativa del valore di un uomo. E tanti giornalisti, non mi riferisco a questo o a quello, né a chi ieri si trovò per caso nella tempesta verbale onnicomprensiva della categoria, dicevo tanti giornalisti davvero, usando questo metro, sono cafoni.

Adesso mi chiederete..embè, a che conclusione sei giunto? Per favore, non mi fate arrabbiare anche voi, cari lettori, vi voglio bene per il solo fatto di sopportarmi. Ma non mi chiedete una conclusione..per quella c’è un’intera vita davanti, e la vita, si sa , non conclude. Comunque, giusto perché mi piace contraddirmi, non però inventando mega-frottole di calciomercato, vi dico che sto con De Laurentiis…” Presidente, io aspetto la replica, come quella che sa concedere ogni buono attore”.

 

Carlo Lettera

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