Stagione fallimentare dopo quella più bella: difficile rendersi protagonisti di un salto carpiato del genere, De Laurentiis ne è stato capace.
Fine di un incubo. Possibile definire così il post Atalanta, capace di estromettere definitivamente in maniera del tutto meritata tra l’altro, i campioni di Italia in carica dalla corsa alla Champions League. Troppo poco il Napoli, squadra molle, sfiduciata, vittima di se stessa e di una gestione del post scudetto oggettivamente raccapricciante.
Perchè se è vero che in campo scendono i calciatori ed alcuni atteggiamenti sono intollerabili, l’approssimazione con cui Aurelio De Laurentiis ha approcciato fin dal primo giorno successivo alla conquista del tricolore ha lasciato basiti.
De Laurentiis, questa volta si impari dai propri errori: vietato perseverare
Già perchè sono tanti, troppi i punti dolenti da analizzare da maggio 2023. Partiamo dalla sostituzione del tandem Spalletti – Giuntoli, in grado di fare le fortune del club per tanti anni. Luciano Spalletti, arrivato nel 2022 a seguito di due anni senza Champions League, ha dapprima riportato nell’Europa che conta il club per poi donargli il terzo scudetto. Giuntoli, invece, nonostante qualche passo a vuoto accettabile, sin dal 2016 ha contribuito in maniera esponenziale alla gestione virtuosa del club, raggiungendo il proprio apice nell’estate 2022, condita da operazioni come quelle di Kvaratskhelia e Minjae Kim.
Ecco, due figure cardine del Napoli, sostituite un pò alla ceca. Per il ruolo di allenatore è stato scelto Rudi Garcia, allenatore ormai fuori dal calcio che contava e reduce da un esonero all’Al – Nassr per intenderci, il tutto, condito dalle ormai solite ed evitabili frecciatine al momento delle separazioni, come quando dichiarò alla RAI: “Napoli? Potresti allenarlo anche tu (riferito al giornalista, ndr.), visto che squadra?”. Per il ruolo di direttore sportivo, invece, si è optato per Meluso, altro nome non altisonante e addirittura fermo dal 2021 dopo la salvezza con lo Spezia.
Il tutto, seguito da un calciomercato non all’altezza, per investimenti e tempistiche. Gettare la croce su Natan ad esempio sarebbe ingiusto, ma è fuori discussione che optare per un difensore proveniente dalla Serie A brasiliana solamente ad una settimana dall’inizio del campionato, ha rappresentato l’immagine perfetta della mancanza di idee in casa Napoli. La cessione di Kim, programmata praticamente ad aprile, aveva dato tutto il tempo del mondo alla società di poter programmare e definire con calma il sostituto migliore, così non è stato. Un calciomercato horror, seguito da quello di gennaio in cui la parola d’ordine è stata una: perseveranza.
Immobilismo totale, scelte scellerate come quella di Dendoncker, calciatore acquistato senza un perchè. Oppure quella di Traorè, elemento valido ma necessitante di tempo per ritrovare la condizione e non immediatamente pronto, un acquisto arrivato proprio nel momento in cui a centrocampo sarebbe servito un innesto in perfette condizioni fisiche vista la cessione di Elmas e la convocazione di Anguissa in Coppa d’Africa. Infine, come ciliegina sulla torta, il caso Nehuen Perez.
Il difensore argentino, è stato praticamente prossimo a vestire l’azzurro. Un acquisto voluto e richiesto espressamente da Mazzarri, all’ora tecnico del Napoli e conscio delle difficoltà di un reparto difensivo composto da almeno 2 elementi su 4 non all’altezza. Nonostante ciò, dopo aver definito l’operazione, De Laurentiis scelse di far saltare l’operazione, motivazione? Rivalutazione di Ostigard, un centrale già presente in rosa dal 2022 e che nei due mesi di gestione Mazzarri aveva giocato con il contagocce. Differenze di programmazione con l’Atalanta ad esempio, che in quei mesi investiva su Hien, non un fenomeno, ma centrale in rampa di lancio dopo le buone prestazioni all’Hellas.
Insomma, ci sarebbe tanto altro da scrivere. A prescindere da chi arriverà, però, sembra certa una cosa: servirà un mea culpa vero del patron, nei fatti e non nelle parole. Scegliere gli uomini giusti e permettergli di lavorare, cercando di non monopolizzare la gestione della società. Un qualcosa che negli ultimi due anni De Laurentiis ha dimostrato di saper fare, nonostante il carattere vulcanico. Che sia ben chiaro infatti: dal 2004, anno dell’avvento di quest’ultimo a Napoli i risultati arrivati sono sotto gli occhi di tutti, dai trofei, sino alla crescita del brand, a maggior ragione, considerando ciò, sarebbe un peccato non completare l’ultimo step con una definizione più certosina dei ruoli. De Laurentiis, a te la scelta.