Dire a Napoli del buon augurio è il più spericolato dei tentativi. Provatele tutte, ma non regolate il verbo tra la speranza e la percezione. Il buon auspicio a Napoli è la grammatica dello spirito. Col calcio poi, non ne parliamo. Lo stadio, i televisori, le radioline e ogni altro luogo di pathos e sussulto, vogliono tutto, tranne la parola che alla fine o è gioia sperata o amaro rimpianto. Non pronunciate risultati, non fate pronostici, non dite come andrà a finire. Il calcio all’ombra del Vesuvio è vissuto come il più remoto mistero doloroso.
Quando sta per iniziare il campionato, dalle nostre parti si respira l’aria del sollievo. L’estate del calcio mercato non basta ad accontentare la futbol dipendenza. Non è vero che nei mesi prima dell’inizio della nuova stagione il napoletano ne approfitta per riprendere fiato. Tutto il contrario. Se tutto si ferma, lui ci resta male. L’attesa domenicale prima di ogni partita è il suo respiro regolare. È il vizio passionale di un legame che non è abitudine, ancor meno ripiego. È l’indice vitale di una cosa ingrandita come tutte le cose ingrandite in una città che non si sa bene dove trovi tutto lo spazio per mettercele dentro, queste sane paranoie che a qualcuno fanno storcere il naso, ma da queste parti fanno ingresso nel rituale quotidiano.
Quando le città durano in eterno succede questo. Il sacro e il profano si mettono insieme. Dopo essersi guardati a lungo, decidono che è arrivato il momento dell’avvicinamento. Un lungo flirt li approssima e li confonde, e capita pure che l’assurdo entri nelle regole. Allora, quando l’imbarazzo di ammettere che non ce la facevi più ad aspettare rivela che quella finta quiete era astinenza, il campionato sta per iniziare. Come? Non chiedetelo ai napoletani. Ognuno possiede un formulario segreto, ma ogni buon napoletano sa che il caso ha troppe frecce all’arco perché le formule bastino a tenersi strette le buone speranze.
Il caso, stavolta, al calendario dice che alla prima c’è Palermo-Napoli. Guardando la cartina, si comincia dal basso. Giù, ma proprio sotto. Quel sotto ricolmo di storia antica, che somiglia alla Napoli di sempre più di ogni altro luogo al mondo. Già, perché la sorte ha detto di nuovo Palermo-Napoli, la sfida nuova del sud. Non da molto tempo le vicende calcistiche hanno ricongiunto Campania e Sicilia, riunendo nella massima serie le sue capitali, riconsegnando ai tifosi più irriverenti la bandiera coloratissima sul campo bianco. Non è ancora cominciata e pare che nessuno la disdegni, almeno tra quelli che possono sventolarla. E se sempre lo stesso qualcuno storce il naso, non se abbia a male, perché lo stesso calendario che ha voluto Palermo-Napoli alla prima, muoverà da capo a fondo per tutto lo stivale.
Chi ci dice che il caso non abbia sbirciato sotto la benda per inaugurare con il “classico” borbonico il nuovo campionato azzurro? Nostalgia dentro un guanto di fantasia. Quanto basta a sfilarlo, per lo schiaffo garbato che vale il lancio della sfida. E in questo, tutta Italia è compresa.
sebastiano di paolo