Nuova stagione, nuove ideologie. Cambiare il proprio punto di vista è sinonimo di saggezza, e su questo state pur certi che Mazzarri ne ha acquisita tanta in questi anni. Le stagione all’ombra del Vesuvio hanno di certo arricchito il bagaglio tecnico-culturale del tecnico ex Reggina e Samp, che ha saputo finalizzare al meglio l’apice della propria carriera, quando a bussare alla porta sono le ambizioni, che chiedono il conto, se ricco di insuccessi o se povero di cadute in verticale. da questo dipende il prezzo, che spesso significa rinunciare a voli pindarici ed accontentarsi di essere stato almeno in categoria.
Walter il mago si appresta ad aprire la porta dei grandi tecnici, quegli allenatori che hanno avuto il privilegio di entrare nell’elite del calcio, vuoi per vittorie sportive, per trofei e titoli conquistati, vuoi semplicemente per metodi e innovazioni che hanno dato una sterzata alle teorie intaccabili di un calcio d’altri tempi. L’uomo Mazzarri è divenuto più riflessivo, prolisso più che mai, senza dubbio un tecnico che sta affrontando una fase di maturazione allo stato finale, volendo fare una metafora, è come un gioiello che aspetta l’ultimo finissaggio prima di diventare maestoso e desiderabile.
Questo passaggio è un transito che, in questa stagione, è cominciato con questa nuova tendenza mazzariana, e cioè quella di modificare l’idea di base di avere un gruppo fisso sul quale puntare, da modificare solo in casi estremi, con giocatori affidabili e già collaudati. Oggi il tecnico ha partorito un nuovo modo di vedere la squadra, una nuova teoria della quale fare tesoro per il futuro di questa società, sempre più proiettata verso obiettivi di alta considerazione. Il terzo occhio di Mazzarri è spuntato con la concezione che nessuno è più considerato titolarissimo, mai più pensare che qualcuno possa sentirsi al sicuro e quindi certo di giocare, così come coloro i quali non dovranno sentirsi tagliati fuori dai giochi, per quelle vecchie concezioni che vedevano un gruppo di calciatori troppo a lungo assenti dal calcio che conta, salvo per essere chiamati in rare opportunità, puntualmente tradite per quella mancanza di continuità che giustifica i risultati.
Presunti titolari o panchinari saranno solo millanterie da quotidiani sportivi, potranno soltanto essere indiscrezioni e opinioni di addetti ai lavori. Ci si baserà solo sulla voce del campo, sul messaggio degli allenamenti, sulle orme di una settimana di lavoro che darà i suoi responsi, senza mentire, ne precludere chicchesia. L’idea è quella di far lavorare a ciclo continuo due formazioni, basandosi su di una impostazione iniziale di alcuni preferiti nello schieramento per il campionato, di contro gli altri che andranno a giocarsi le proprie credenziali in Europa League, dove dovranno dimostrare di potersi inserire nell’altra squadra, facendo così scalare il compagno di ruolo nella formazione “europea”. Insomma, una nuova concezione, un nuovo punto di vista che cambierà non poco le mosse e le innovazioni del tecnico.
Ecco le due squadre ipotizzate :
probabile formazione in campionato: De Sanctis; Campagnaro, Cannavaro, Britos; Maggio, Behrami, Inler, Hamsik, Zuniga; Pandev, Cavani.
probabile formazione con l’Aik in Europa League: Rosati; Gamberini, Fernandez, Aronica; Mesto, Dzemaili, Donadel, Hamsik, Dossena; Vargas, Insigne.
Che sia la mossa giusta per dare una svolta alle velleità della società ? potrà forse significare un modo avveniristico di vivere e gestire la squadra del futuro ? Anche i successi possono passare attraverso cambiamenti, radicali o parziali. Dopotutto, quel che conta è vincere.