Per coloro i quali si erano abituati a leggere nelle espressioni del cileno “napoletano” Eduardo Vargas quelle di uno sprovveduto attaccante sudamericano, leggerino e sopravvalutato, tecnicamente prevedibile e inadatto per il calcio italiano, dovrà riporre questi pregiudizi per soffermarsi sul ragazzo più di quanto non abbia fatto fino ad ora. A smantellare i cattivi pensieri della pubblica opinione calcistica la gran bella prova del ragazzo nel primo impegno europeo ufficiale per la squadra di Mazzarri, dove Edu ha messo il pallone in rete per ben tre volte, lanciando un serio messaggio al mister, una sorta di urlo, come per dire “ehi, ci sono anch’io” destinato ad essere il leitmotiv delle prossime settimane. Innanzitutto perché il popolo azzurro è ammalato di estremismi, soprattutto per quanto riguarda il giudizio verso un calciatore. Oggi sei un brocco, domani sei un campione, carta d’identità di una tifoseria che paga lo smisurato affetto verso la propria squadra con interpretazioni e giudizi dettati dalla foga della passione, poco lucida e veritiera quando le cose pendono verso uno dei due estremi, positivo o negativo che sia.
Ed ecco, quindi, spuntare come funghi i famigerati sapientoni, che chiameremo “quelli che lo avevano detto“, identificati in coloro i quali avrebbero, per qualche motivo, prospettato in un recente quanto dubbioso passato, che il cileno fosse un campione e che sarebbe bastato saperlo aspettare, per sbocciare da un momento all’altro…furbi, oseremo dire, nascondersi dietro alla possibilità di vederlo esplodere prima o poi è una comoda posizione nella sfera morale del tifoso medio.
Avanza, imperterrito, anche l’esercito dei dubbiosi, i pessimisti per scelta di coscienza, quelli a cui nemmeno una tripletta contro la Juve può bastare per dormire su sette guanciali, figurarsi tre gol contro la Juve di Svezia. Sarebbe troppo comodo gridare al “campione” quando si ha a che fare con squadre poco attendibili per testare il talento del giovane sudamericano, quando gli spazi, la tecnica e la tattica vanno a farsi benedire, per far posto ad amnesie e distrazioni che una squadra di calcio non dovrebbe concedere mai.
Punto e a capo; come si fa a stabilire se una serata, magica per il cileno come quella di giovedì, possa essere sufficiente a stabilire se abbiamo a che fare con il nuovo Lavezzi, in grado di scalciare dalle gerarchie il più quotato Pandev, lasciando un gradino indietro Insigne, per fare coppia con il Matador, in un attacco che si appresterebbe ad essere stratosferico, oppure, di contro, se c’è bisogno di un percorso più complesso, fatto di prestazioni che sfocino in certezze, in grado di fornire le prove lampanti che Vargas sia davvero ciò che tutti si aspettano, e cioè il fenomeno che ha incantato il Sudamerica, e che ha sfiorato la scarpa d’oro soltanto perché un certo Neymar ha incrociato la sua strada. Chi, ad oggi, è in grado di sfidare le leggi della coerenza, affermando che l’una o l’altra teoria siano valide? E’ un rebus che nemmeno i fedeli appassionati della settimana enigmistica saprebbero risolvere, figurarsi un tifoso accecato dalla passione. Troviamo un compromesso e chiediamo a Edu almeno un replay.